Ciao amici lettori, ho parlato un po' di questa lettura sui miei vari canali, ma mancava ancora il passaggio sul blog, nero su bianco.
Eh sì, perché, vuoi o non vuoi, alla fine, lo strumento migliore per parlare di libri, rimane a mio parere il blog.
Già ancora prima che uscisse questo romanzo mi ero lasciata prendere dall'entusiasmo, ero curiosa di leggere un noir poliziesco giapponese e lo attendevo con, per così dire, ansia.
Benissimo, appena è uscito l'ho immediatamente preso in libreria e mi sono fiondata a casa per iniziare a leggerlo.
In pochissimo tempo e dopo poche battute l'entusiasmo si era un tantino smorzato e cominciavo ad andare a rilento.
Questa andatura da bradipo ha cominciato a farmi pensare che, forse, non è che il romanzo mi stesse prendendo poi tanto.
Ho pensato che il problema potessi essere io, ho creduto di essere un po' stanca, ma, in realtà, ero attratta da altre letture che, nel frattempo, iniziavo e ultimavo con piacere.
Alla fine, però, ho deciso di impegnarmi e portarlo a termine anche semplicemente per parlarne sul blog e sui canali attraverso i quali ne avevo preannunciato l'uscita.
Che dire? un romanzo piatto e monocorde. Personaggi per nulla caratterizzati, né direttamente né indirettamente.
Una serie infinita di interrogatori in cui i personaggi interrogati risultano tutti uguali, non si riesce a distinguerli e questo fa sì che diventino molto noiosi.
L'ambiente, che in un noir poliziesco, è quasi protagonista a sé, non è per nulla delineato o tracciato. Non ci arriva alcuna emozione attraverso quest'ultimo.
Non parliamo della mancanza di introspezione, solitamente fondamentale in questo genere e qui quasi del tutto assente.
Indubbiamente Tetsuya Honda è un autore molto amato nel suo paese, ha venduto milioni di copie dei romanzi della serie dedicata alla detective della polizia di Tokyo, Reiko Himekawa e, da questi, sono state tratte persino delle serie TV di successo.
A questo punto sono certa che starete pensando che, probabilmente, qui ad avere un problema sia semplicemente io.
E vi confesserò che, chissà, magari è così.
Nonostante tutto rimane un romanzo che non mi sentirei di consigliare, ma, ovviamente, è giusto che ciascuno si faccia una propria idea.
Indubbiamente vuole esserci una critica alla società giapponese che, spesso, bistratta le donne, soprattutto sul lavoro. Ma quest'opera di denuncia sociale viene spesso portata al lettore attraverso dei siparietti quasi comici, da manga o da anime giapponese che, forse, sono un po' lontani dalla nostra cultura e che, invece di suscitare indignazione verso la suddetta società, producono
in chi legge solo rabbia per via della superficialità con cui l'argomento è trattato.
in chi legge solo rabbia per via della superficialità con cui l'argomento è trattato.
Reiko Imekawa dovrebbe rappresentare un personaggio di rottura degli schemi per quel che riguarda le indagini della polizia, spesso svolte in maniera rigida e schematica, ma il suo punto di rottura pare basato su intuizioni supportate dal nulla.
Ribadisco nuovamente che questo è solo il mio personale parere rispetto a quanto ho letto, magari a qualcuno potrebbe pure piacere e potrebbe trovare chiavi di lettura e spunti di riflessione diversi da quelli che ho trovato io.
Resta fermo il fatto che il romanzo rimane per me troppo piatto.
Un plauso va alla copertina che, a mio parere, ha saputo cogliere l'essenza della storia e della società giapponese, così come noi la vediamo e immaginiamo ai giorni nostri
Voto ★★☆☆☆
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